15 giugno 2020

Luciano Galimberti: "Altro che mascherine. Il Design si deve interrogare su cosa è cambiato nella società. Deve arrivare primo"

“Davanti al covid il design si deve interrogare su cosa è cambiato nella società e come deve cambiare la società per il futuro". 

Se il design si limita ad arrivare ultimo, come nelle mascherine, non ha una vera possibilità di essere significativo.  Dovrebbe arrivare primopartendo dal thinking, ovvero dalle forme concettuali. Soprattutto per la pandemia: davanti al Covid-19 il design si deve interrogare su cosa è cambiato nella società e come deve cambiare la società per il futuro. Altro che mascherine”. A dirlo è Luciano Galimberti, presidente dell’ADI e fondatore – con Rolando Borsato - dello studio bgpiù, nel corso di un’intervista esclusiva rilasciata a Domusweb per lo speciale DomusforDesign.

Il lockdown ha imposto un redesign dei rapporti prima ancora che degli ambienti. Una nuova fiducia tra dipendenti e datori di lavoro. Un nuovo patto. È questo il punto centrale dal quale deve partire il design. Invece riflette sull’emergenza” ribatte Galimberti a Walter Mariotti, direttore di Domus, specificando “Se le emergenze diventano emergenza è la fine”. 

“E il Made in Italy?” “Quello c’è” risponde Galimberti “È un brand sempre fortePerò va continuamente valorizzato. E invece questo noi lo dimentichiamo. Continuiamo ad accapigliarci sul piedino del divano o della sedia, se deve essere rotondo o quadrato, alto o basso. Quando noi abbiamo inventato la seduta…”. Una prospettiva che fa emergere un chiaro problema d’identità, che per Galimberti “è grande come una casa ma solo perché sbagliamo la partenza. Il nostro design non ha una forte identità, come quello finlandese o tedesco, è un dato di fatto. Però è il nostro design ad aver inventato il modo di stare, di abitare, di vivere. Questo è il punto. Un punto dimenticato per primi da noi”. 

Come uscirne, chiede Mariotti. “Come l’Inghilterra” risponde Galimberti che non si riferisce però all’Italexit. “Al contrario. Voglio dire che quando Norman Foster va in Oriente a inaugurare il suo aeroporto ci va con il Primo ministro o con il ministro della cultura inglese, non con quello del paese dove l’ha costruito. Mi sembra chiaro no?”. 

L’intervista pubblicata su Domusweb si conclude con un consiglio operativo per gli Istituti di Cultura italiana nel mondo: “Smettere di fare mostre generaliste in giro per il mondo e fare invece mostre sui mercati specifici e la produzione.  Promuovere il sistema di valori che sta dietro il nostro modo di fare design, scardinando la competizione su forme e prezzi. Sarebbe una rivoluzione”.

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